La fondazione

La nostra forma di vita si è delineata a poco a poco nei pensieri di una giovane di Lovere (BG), Bartolomea Capitanio, mentre pregava e soprattutto nei momenti di comunione eucaristica, e ha preso contorni concreti nelle sue giornate operose di apostola della carità nella famiglia, nella parrocchia, nella scuola, nell’ospedale e nelle altre realtà del paese dove vi fossero povertà da soccorrere; e queste non mancavano in quei primi decenni dell’Ottocento in cui si iscrive l’arco della sua breve esistenza (1807 – 1833).

Proprio mentre si innamorava di “quella benedetta carità, tanto esercitata da Gesù nel corso della sua vita”, si chiariva in lei la chiamata di Dio a fondare un Istituto che si dedicasse alle opere di misericordia.

In un tempo di più forte illuminazione interiore, ne tracciò le linee essenziali e le finalità esponendole in un testo – la Carta di fondazione – che concludeva con una preghiera-augurio per sé e per le future compagne: “Faccia il redentore amabilissimo che noi siamo sue vere seguaci”.

Vi aveva, infatti, delineato un’opera “tutta fondata sulla carità” secondo gli esempi lasciati dall’amabilissimo Redentore”, rivolta alla cura della gioventù, all’assistenza dei malati e a un attivo inserimento nella vita della Chiesa locale.

L’Istituto ebbe inizio a Lovere il 21 novembre del 1832 in una casa, che i loveresi chiamarono “Conventino” e che per lei era “l’amata casa di carità”, una “dolce speranza” in tempi di grande bisogno”.