Non poteva mancare nelle sue giornate l’appuntamento con il Crocifisso. Il luogo convenuto era nel tempio di «Santa Maria». Lui, dietro il vetro a inferriata, ancora più straziato nell’immagine, ancora più isolato nella sua angoscia mortale, unica; il labbro dischiuso in una parola estrema: «Dio mio… perché…?». Lei, ai suoi piedi, inabissata nel mistero, oggetto di tanto dolore, pronta a compatire, a riamare, a riparare.

  • Malizia assurda dell’uomo; e anche lei come tutti!
  • Follia d’amore e di misericordia di un Dio per lei, ‘povera donna’!

Dentro questi abissi spingeva lo sguardo, e l’afferrava il silenzio, la parola delle profondità più profonde. E in silenzio, da lui, fatto ‘stoltezza’, muto, trafitto, discendevano in lei sapienza, parola, vita. Lei cominciava a ‘sapere’: il «Crocifisso era il grande libro…».

Si ripetevano gli appuntamenti. Lei studiava il suo Libro; lui dava forma sempre nuova a quei silenzi. Tra lei e il Crocifisso s’interposero un giorno innumerevoli volti, ognuno con la sua ‘passione’; anche loro con un’implorazione sul labbro.

Fu allora che i contorni del volto di Cristo si ingrandirono fino a comprenderli tutti; oppure erano tutti quei volti che, componendosi, disegnavano l’immagine del Crocifisso. Lei li aveva visti tante altre volte nelle case e nelle vie di Lovere, a Pian di Borno, a Corti, sui mercati di Pisogne al di là del lago…

Erano proprio loro: la zia Bartolomea, Carlo Macario che «si era dato alle compagnie e ai bagordi»; Borela, l’ubriacone; il bestemmiatore delle sere di festa; il povero che l’aveva insolentita; l’ammalato che ‘diceva spropositi’; e poi le sue orfane, le mamme che le tendevano la mano… Tutti erano convenuti nella penombra meditativa di «Santa Maria» a formare quel gioco.

Ma lei capiva…; e annotò lesta su un libriccino: «Soprattutto, adorabile mio Salvatore, io riconoscerò voi stesso in ciascuno dei tribolati, dei poverelli». Poi, sollevando lo sguardo, vide grondare carità dal grande dolore del Crocifisso: dagli occhi, dal labbro, dal cuore, dalle ferite. E quei volti parvero rianimarsi, trasfigurarsi.

Anche lei si irradiò: era carità la sapienza, la parola, la vita che doveva apprendere, annunciare, vivere! Un po’ di luce, filtrando, fece brillare l’oro della raggiera, dietro la croce, annuncio di risurrezione. Intuì che il mistero si prolungava…

Schiuse in fretta la porta di «Santa Maria», volgendo al Cro- cifisso uno sguardo d’intesa, e si ritrovò quasi di corsa sulla scar- pata verso il paese con la grande lezione nel cuore. Abbracciò con il desiderio il reticolato delle viuzze medioevali che le si apriva davanti, e le case con i loro misteri nei mille occhi spalancati o socchiusi. Ora la carità rifluiva nelle sue vene, nello sguardo, nel cuore; le moveva le mani, i piedi; le moltiplicava le energie.

E avvennero… cose semplicissime: la vedova Cretti potè spezzare un pane ai suoi quattro figli; tra i coniugi Stoppani ritornò l’armonia; la ragazza Brigida Savoldi si sentì più buona per «le sue materne carezze»; l’apprendista Anselma di Castro ebbe un sicuro rifugio nelle ore libere dal lavoro; gli operai furono contenti per la paga e perché lei aveva dato loro da bere; l’ospite smorzò sul labbro una maldicenza; il bambino dei fittavoli sorrise vedendola arrivare, certo che dalle sue «saccocce» avrebbe estratto una mela tutta per lui; il malato si sentì più sollevato dopo la sua visita; il moribondo baciò il Crocifisso…

Lovere vedeva già operante, per mezzo suo, quella mano che nell’ultimo giorno tergerà le lacrime da ogni volto; lei preparava già la festa del banchetto; annunciava concretamente il Regno, quando si ricreeranno l’ordine e l’armonia, e la carità, iniziata quaggiù, avrà il suo compimento. Lei che «sapeva il Crocifisso» sapeva anche questo.

S’accorse poi, dopo uno sconvolgente incontro, che non ‘sapeva’ ancora tutto. Ritornò in «Santa Maria» a riascoltare il Silenzio. Si sentì subito attrarre lo sguardo dalle pupille di lui, dentro le pupille di lui. E vide, da quella prospettiva, il fluire senza tempo dell’umanità: altra gente oltre alla sua gente, oltre ai suoi ‘peccatori’; altra carità oltre le sue carità; e perfino moltitudini che neppure sapevano che si ergesse una croce.

Oscillava tra loro una speranza.

Lui taceva. Lei capì che non poteva spegnerla: chinò il capo e pronunciò il sì più costoso della sua vita. E rimase crocifissa nella sua disponibilità dai chiodi della volontà di lui.

Fu allora che ‘seppe tutto’; seppe, senza tuttavia consuma- re il mistero, la parola suprema: “Quando sarò innalzato, attirerò tutti a me». Lui l’aveva pronunciata nella carne di lei, nella sua angosciosa impotenza.

Esperienza del Crocifisso, carità del Crocifisso – dentro le giornate che non erano più sue – l’una dall’altra, l’una nell’altra perché lui potesse continuare a salvare; anche al di là di quello che lei vedeva e toccava. E partecipò umilmente la sua sapienza, parola, vita con un breve detto, ripetuto con convinzione: «CHI SA IL CROCIFISSO SA TUTTO».