“E quando l’ora della partenza fu vicina:
-Ah!- disse la volpe, – …piangeró.-
-La colpa è tua.- disse il piccolo principe, -Io, non ti volevo fare del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…-
-È vero.- disse la volpe.
-Ma allora, che ci guadagni?-
-Ci guadagno.- disse la volpe -Il colore del grano.-
Poi, aggiunse:
-Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua rosa è unica al mondo. Quando tornerai a dirmi addio ti regalerò un segreto.-
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
-Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente- disse. -Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto un mio amico e ora è per me unica al mondo.-
Le rose erano a disagio.
-Voi siete belle, ma siete vuote- disse ancora. -Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi assomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiato. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.
Il piccolo principe ritornò dalla volpe.
-Addio-, disse.
-Addio-, disse la volpe. -Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.-
-L’essenziale è invisibile agli occhi-, ripeté il piccolo principe per ricordarselo.
-È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.-
-È il tempo che ho perduto per la mia rosa.. .-  sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
-Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato.-”
Da “Il piccolo principe”.

Siamo arrivati a Cesano Boscone in una mattina di pioggia. Valigie ed ombrelli zuppi.

Zuppe le nostre emozioni e pensieri che, pesantemente, albergavano in noi, grevi di domande ed incertezze. Non avevamo idea di cosa aspettarci.

Alcuni erano già alle prese con il desiderio di mettersi all’opera… Altri titubanti all’idea di iniziare.

Tuttavia, la promessa di un giro a Milano, il sorriso di Suor Maria Chiara era rassicurante, il tè caldo ed il ciambellone profumavano l’aria. E così è iniziata la nostra avventura.

Presto avremmo conosciuto la storia dell’Istituto in cui eravamo, ma da subito ci è apparso evidente che Sacra Famiglia e i suoi ospiti avrebbero plasmato il profilo del nostro cuore, come fa il mare con quello delle rocce.

Le attività hanno preso il via il pomeriggio del 21… Noi piccoli volontari ci siamo sistemati ai posti di partenza: aspettavamo solo il segnale d’inizio… La porta si è aperta con un’ondata di tenerezza infinita ed enormi sorrisi.

Ognuno aveva una storia da raccontare, a parole o rintanata tra le palpebre di occhi che hanno visto tanto… Mano nella mano, ballavamo e cantavamo sulle note della musica: nessuna differenza sembrava esserci tra noi.

Cominciavamo a capire…

Così parte delle mattine e dei pomeriggi successivi ci siamo messi effettivamente all’opera. Divisi in due gruppi, siamo stati assegnati ai reparti. Uno dei due ha partecipato anche alle attività dei centri diurni: il nostro tempo si è riempito dei ritagli di cartoncini, colla e fantasia, trucioli di legno e aquiloni, alti e liberi nell’azzurro.

Pian piano abbiamo imparato a toccare le corde giuste e a suonarle a dovere… Ad ascoltare. A comunicare.

Attraverso preziosi momenti di riflessione e condivisione, di preghiera attraverso i salmi e la messa domenicale, le parole di Jean Vanier e del Piccolo principe, abbiamo schiuso il nostro bozzolo interiore: i fili si sono distesi fino a sciogliersi, una piccola perla, il nostro talento, il nostro tesoro, è affiorata da cantucci nascosti dell’anima, forse dimenticata, ora riscoperta.

E come risvegliati dal torpore di un lungo letargo, un po’ indolenziti nell’aver assunto medesima posizione tutto il tempo, scricchiolanti qua e là, abbiamo guardato alla nostra vita, riconoscendo la difficoltà di accettare i nostri limiti e fragilità e, con stupore, ci siamo resi conto che le persone che avevamo conosciuto non sperimentavano la stessa difficoltà: avevano un’incredibile bellezza dipinta sul loro volto. Non accennavano a rabbia, tristezza o depressione per lo stato in cui si trovano ed il loro segreto era nascosto nel loro sguardo dolcissimo e disarmante.

Ripensando ai giorni trascorsi a Cesano, un turbinio di forti emozioni, tornano alla mente così facilmente le risate, le mani strette l’una nell’altra. Baci sulle guance, dono reciproco. Le lacrime nell’andar via… “Non tornerai più?” “E adesso chi mi vorrà bene?”

Ognuno di noi ha cresciuto una piccola rosa, l’ha addomesticata e si è fatto addomesticare. Ha dato inizio al proprio rito: c’era qualcuno ad aspettarci e saperlo era una dolce carezza al cuore.

Ormai lo avevamo capito: come diceva Jean Vanier, se tu diventi l’amico di una persona con handicap, sarai benedetto e Dio sarà con te e scoprirai che il tuo cuore cambierà.

Perché nell’aiutare gli altri, è bello trovare il proprio posto nel mondo.

Emanuela