Casa generalizia, Milano

Suor Emmapaola, una nostra sorella di comunità, conserva un ricordo intenso di Paolo VI quando era arcivescovo di Milano e ne custodisce con pudore una memoria personale dolcissima.
Nell’Epifania del 1955, Giovanni Battista Montini fa il suo ingresso a Milano come arcivescovo. Qualche tempo dopo, egli chiede alla superiora generale madre Angiolina Reali una suora in aiuto alla sua segreteria, per espletare l’ingente quantità di corrispondenza e rispondere a telegrammi, biglietti, lettere a lui pervenuti in testimonianza di affetto, stima e preghiera. Poiché non era possibile staccare una suora insegnante essendo mesi scolastici molto impegnativi, la madre invia suor Emmapaola, da poco residente nella comunità di Milano, Istituto scolastico «Maria Immacolata» di Via Amadeo, novizia ‘vestita’ (era al secondo anno di noviziato), ma in grado di assolvere il compito che le veniva assegnato.

Ella racconta:
Così questa giovane suorina, ancora novizia, si trova a condividere per alcuni mesi l’ufficio di segreteria dell’arcivescovo. Ogni giorno raggiungeva con trepidazione il suo posto di lavoro e incontrava chi sarebbe diventato nostro Cardinale Protettore e poi Papa… È stata
un’esperienza magnifica. La vicinanza di soggezione verso l’arcivescovo si è mutata subito in benessere. Sua Eccellenza era umile, mite, molto rispettoso. Grato per l’attività che guidava con poche parole, annotate spesso a margine del biglietto, era fiducioso che la sua scribacchina
avrebbe mantenuto la segretezza di fronte a qualsiasi situazione delicata… E la novizia era stupita che un uomo così grande si mettesse con semplicità e modestia a livello di una piccola donna…
Durante gli anni successivi ho potuto incontrare ancora qualche volta il Cardinale, ma brevemente. Tuttavia, alla vigilia della mia professione perpetua ricevo da lui un rosario, accompagnato da un biglietto scritto di suo pugno, in cui egli affermava di averlo ricevuto in regalo
da papa Giovanni XXIII. Lo conservo anche oggi come segno, oltre che come reliquia. Mi ricorda  che la forza del distacco da un oggetto a lui così caro per la provenienza è ciò che lo rende ben più prezioso del suo valore monetario. È il segno del fluire dell’amore nella carità verso l’altro.