I rapporti personali di papa Montini con la nostra famiglia religiosa quante volte li abbiamo sentiti rievocare da lui stesso, come dal padre ai figli, con la paterna compiacenza di chi voleva dirci: ecco come le nostre vite si accostano, si richiamano… Essi risalgono al tempo della sua infanzia, quando la mamma lo conduceva a far visita alla prozia, suor Giuditta Alghisi, che fu accettata nell’istituto dalla Gerosa, pur essendo entrata alcuni mesi dopo la sua morte. Anche la prima comunione a Brescia, nella cappella di « Casa Provvidenza » fu definita da papa Paolo « un momento tanto prezioso, scolpito proprio nel quadro della vostra vita religiosa » (7 aprile 1975).

Dopo questi « momenti preziosi » – che inserivano la sua grande vita « nel quadro della vita dell’istituto » – prima della sua elevazione alla cattedra di sant’Ambrogio, gli anni della seconda guerra mondiale, anni intensissimi per la vita di mons. Montini, segnarono una ripresa memorabile dei suoi rapporti con la nostra famiglia religiosa. In qualità di sostituto della segreteria di stato, sollecitò la carità dell’istituto, facendo accogliere nella casa di via sant’Uffizio ebrei ricercati e persone la cui vita, nella situazione politica degli anni 1943-1945, era gravemente minacciata. Le sue comunicazioni rapide, discretissime chiedevano una collaborazione immediata, che facilitasse la soluzione anche dei casi più difficili; fu così che le suore di Maria Bambina s’incontrarono ancora – sui sentieri della carità e del servizio – col futuro Papa.

Gli anni, poi, dell’episcopato milanese, strinsero anche più profondamente i legami dell’istituto con Giovanni Battista Montini, soprattutto da quando, il 19 febbraio 1960, con decreto di papa Giovanni XXIII ne divenne cardinale protettore. « Se vi fa piacere di sapere che c’è qualcuno che vi vuol bene, che guarda con grande stima e simpatia la vostra famiglia religiosa, che cercherà dove può, quando l’occasione si presenterà, di spianarvi le vie per difendervi, per dire quanto siete degne della stima altrui, per dire che le autorità anche civili devono a voi ogni rispetto e collaborazione, colla grazia di Dio lo farò ». Sono parole che il cardinale rivolse alle suore della casa generalizia il 18 maggio 1960 in occasione della solenne presa di possesso della protettoria della nostra congregazione « al cui spirito e programma » egli assicurava « devota adesione » (14 marzo 1960).

Lungo i quindici anni del suo pontificato papa Paolo aveva voluto continuare a esserne protettore e padre. « Elevati al trono di Pietro desideriamo conservare ufficio di protettore dell’istituto in attestato di paterna benevolenza et a lieto incoraggiamento del generoso impegno, a noi ben noto, che anima religiose tutte », aveva telegrafato a sua firma personale Paolo VI, 1’11 luglio 1963, a madre Costantina.

Di questa « protezione » noi avemmo, in indimenticabili circostanze, care e tenerissime prove. Concesse prima a madre Costantina poi a me udienze personali di cui nell’anima sono ancora impresse parole di bontà e di forza; importanti udienze concesse alle capitolari il 3 marzo 1969 e il 7 aprile 1975; una, più breve ma molto familiare, al consiglio generale e alle superiore provinciali d’Italia il 5 maggio 1973. E ancora: i saluti, gli accenni di compiacimento paterno ogni volta che gruppi di suore di Maria Bambina erano presenti alle udienze del mercoledì e – mi è caro richiamarlo – il gesto della mano, amichevole e caloroso, con cui salutava le suore che non mancavano mai all’« angelus » della domenica sulla terrazza della casa di via sant’Uffizio, prospiciente le finestre del Papa.

A noi papa Paolo ha lasciato alcune sicure linee indicatrici e programmatiche per il cammino di rinnovamento e per lo slancio missionario dell’istituto. « Se un voto ci è lecito esprimere – diceva alle capitolari il 3 marzo 1969, avendo notato una diversità di distribuzione delle suore nei vari continenti – sia quello di offrire strumenti sempre più atti, anche numericamente, alle necessità dell’odierno apostolato, sui fronti che, purtroppo, sono meno provvisti di forze, meno guarniti di opere. Lo spirito ardente delle vostre sante fondatrici, così aperte a tutte le ansie delle anime, sembra a noi che oggi con maggiore insistenza vi chieda anche questo: e siamo certi che ne asseconderete, come sempre, più di sempre, l’impulso ».

Questo voto ha certamente dato vigore e spinta di Spirito Santo agli orientamenti del capitolo speciale nel ridistribuire le forze apostoliche dell’istituto, tenendo conto delle urgenze più gravi della chiesa: cammino faticoso, che esige povertà e coraggio, ma che l’istituto sta gradualmente compiendo per rifondare oggi la sua missione.

Parlando della vita religiosa apostolica, della coessenzialità di consacrazione, missione e della preghiera apostolica, il Papa, diceva: la Carità «  è il vostro carisma: sappiate attingerla alla perenne fonte della vita trinitaria, per viverla interiormente nell’intimità della grazia e della comunione con Dio mediante la chiesa, e diffonderla al di fuori come in mille e mille rivoli verso i fratelli » (alle capitolari il 7 aprile 1975).

Papa Paolo ha confessato con la vita e con la parola che l’umile e profonda intimità col Padre è sorgente unica di comunione e slancio di missione. Egli ha vissuto sempre con la mente tesa al Cristo Signore, ha amato il Cristo nel modo in cui l’hanno amato i grandi santi, e da questo ha attinto una vitalità interiore che ha moltiplicato le sue forze umane. Credo che tutte abbiamo colto questa dimensione del suo messaggio; essa è per l’istituto una dimensione di speranza: se la nostra famiglia, che dolorosamente si restringe nei membri, si qualifica e ritorna segno evangelico, sarà viva e rifioriranno certamente le vocazioni.

« La vita religiosa oggi più che mai deve essere vissuta nella sua pienezza e nelle sue alte e severe esigenze di preghiera, di umiltà, di povertà, di spirito di sacrificio, di austera osservanza dei voti; deve essere santa, in una parola, perché nessuno sforzo, nessun tentativo, per quanto generoso, potrà sostituire la santità » (lettera-messaggio del 16 febbraio 1975). Questa è stata sempre la linea del Papa.

Papa Paolo, che fu per temperamento un uomo di sofferenza, ha scritto un’esortazione apostolica sulla gioia, la « Gaudete in Domino »; e sul tema della gioia si è soffermato anche nei nostri incontri familiari. Ancora il 7 ottobre 1973, in un momento molto vivo della conversazione, mi disse: « Andate avanti con fiducia! »… E io: « e con la gioia di essere del Signore ». E subito di rincalzo: « Questo, questo! Lo insegni anche alle altre suore che bisogna dare alla propria vita l’impronta del sacrificio, del crocifisso, ma nella gioia ».

–  dalle lettere circolari della madre Angelamaria Campanile, 1978.